… E la festa gliela abbiamo rovinata davvero!

Dal diario di un guastafeste.

Martedì 9 luglio, Gela città, pomeriggio/sera:
Noi Artisti NO MUOS abbiamo montato le strumentazioni, abbiamo spiegato le ragioni della nostra presenza: eravamo lì per invitare i gelesi ad unirsi agli attivisti NO MUOS che l’indomani sarebbero giunti in città per manifestare contro la parata di mezzi militari che intendeva rievocare lo sbarco del 1943: un affronto per le popolazioni che vivono a pochi chilometri da Niscemi dove il governo USA, il maggiore azionista di quella operazione di sbarco, ha installato 46 antenne NRTF ed ancora oggi pretende di installare, con la complicità del governo italiano, il sistema di guerra e di morte chiamato MUOS.
CONTROFESTA A SBARCO, l’abbiamo chiamata.
Poi abbiamo cominciato a suonare ed a recitare: canzoni di Bob Dylan, Woody Guthrie, Joe Hill; poesie della Beat Generation. E’ questa l’America che ci piace: l’America che protesta contro il capitalismo americano, contro il militarismo americano, contro lo stato americano; l’America che contesta e sbeffeggia lo stile di vita americano, i mass media americani; l’America della lotta per i diritti e per la libertà. Questi americani sono nostri fratelli: hanno lottato con noi, anche per noi.
Si è raccolta gente intorno, sia il pomeriggio in centro città, sia la sera sul lungomare. Appuntamento l’indomani al lungomare per contestare la parata.

Mercoledì 10 luglio, Gela lungomare, mattina:
Eravamo più di cento, con le bandiere e le magliette NO MUOS, colorati ed allegri.
Il programma annunciava la simulazione dello sbarco per le ore 10,00. Ore 11,00: nessun automezzo in vista; in compenso il lungomare si riempiva di carabinieri e celerini in tenuta antisommossa. Nessun gelese venuto per acclamare la sfilata; i gelesi erano con noi per contestarla, alla CONTROFESTA.
Arrivano due pulmini zeppi di funzionari d’ambasciata e di consolati, di militari in alta uniforme: tutti statunitensi. Scendono tutti con il proprio telefonino in mano: sono delusi (dove sono i liberati che acclamano i liberatori?) e preoccupati. Risalgono veloci sui pulmini: scappano. Ricompariranno poco dopo sul terrazzo dell’edifico della Guardia Costiera: sono mesti e allibiti: ingrati gelesi!
Miseria dei sottograduati del potere!
Turi Vaccaro, pacifista storico, compagno di tante lotte antimilitariste, compie la sua azione individuale: con un balzo felino sale sul tettuccio di una volante della polizia e si mette a saltare: tre agenti ps lo afferrano per i piedi, col rischio di fargli sbattere la testa violentemente, lo trascinano a terra, lo scalciano. Turi sta rannicchiato in posizione di difesa: faticano a caricarlo sulla stessa auto rimasta illesa (Turi era a piedi scalzi e non pesa un granché); la volante parte a sirene spiegate.
Compaiono da lontano gli automezzi militari rigorosamente datati anni quaranta. Paradosso dei paradossi: spiegamento di forze dell’ordine (loro e per loro) per una finta parata che sfila soltanto per farsi contestare! Figuranti italiani maschi con indosso divise dell’esercito USA conducono jeep, camion, ambulanze. Alcuni autisti hanno accanto a loro una figurante femmina vistosamente truccata: su un camion sei figuranti femmine con mise da
meretrice da sbarco: concezione della donna ancora in voga presso i maschi militari autentici targati USA!
Arrivano i mezzi anfibi, decisi a raggiungere il mare per tuffarsi e poi spiaggiarsi a simulare lo sbarco. Poliziotti e carabinieri cercano di impedire a chi sta sul lungomare a raggiungere la spiaggia. Non hanno fatto i conti con quella che viene chiamata “tattica di diversificazione”: decine di attivisti si erano già appostati e si parano davanti gli anfibi che restano a roteare sulla sabbia: uno soltanto riesce a raggiungere la riva ma viene fatto arretrare dai bagnanti che arrivano dal lido adiacente: gli anfibi battono in ritirata.
Frattanto, polizia e carabinieri lasciano la presa sul marciapiede del lungomare e si gettano sulla spiaggia, a rincorrere i manifestanti. Ora: immaginate la scena. Decine di agenti in tenuta antisommossa, con scarponi chiodati ai piedi, casco d’ordinanza, giubbotto antiproiettile, la maggior parte con pancia prospiciente e fianchi larghi, a vagare sulla sabbia, cadendo e rialzandosi più trafelati di prima: alla fine se ne contavano dieci spiaggiati più che i mezzi anfibi.
Insomma: UNA FESTA MISERABILE; UNA CONTROFESTA DA SBALLO!

Venerdì 12 luglio, Gela Tribunale, mattina.
Da mercoledì Turi Vaccaro è nel carcere di Gela: un pericoloso delinquente nella città della mafia più feroce di Sicilia! Si celebra il processo per direttissima: Turi ha rifiutato di prenderne parte: la sua coerenza lo porta a proclamare, con il suo silenzio, l’estraneità ad un processo farsa. Siamo una cinquantina, con bandiere e magliette NO MUOS: oggi non c’è allegria negli sguardi ma preoccupazione: la macchina della repressione si è messa in moto.
A Turi vengono contestati: danneggiamento aggravato (aggravato da che? forse che la gazzella martoriata, sbirra anch’essa, ha presentato querela di parte?); resistenza a pubblico ufficiale (i video in nostro possesso dimostrano il contrario). Tre agenti hanno presentato il referto medico per le lesioni subite, guaribili in quattro giorni (ma lesioni e referti, noi lo sappiamo, sono tutti prestampati, in questi casi). Il giudice Fabrizio Molinari convalida l’arresto del pericoloso criminale Turi Vaccaro, che non ha voluto nominare neppure l’avvocato: sollevando così, con il suo dignitoso silenzio, il legittimo sospetto di una logica e di una volontà repressiva.
L’udienza è fissata per il 19 luglio: noi ci lasciamo con piano di cntroinformazione da diffondere nelle città e nei paesi; e con un impegno: una grande mobilitazione al Tribunale di Gela per quella data. La repressione si combatte in un solo modo: opponendosi. Così come con il MUOS: la sua installazione si impedisce in un solo modo: opponendosi ed estendendo
sempre più l’opposizione.

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