Memoria legali No MUOS

COORDINAMENTO REGIONALE DEI COMITATI NO MUOS

INFORMATIVA SU MEMORIA IN CASSAZIONE NEL GIUDIZIO SUL DISSEQUESTRO DEL MUOS E ULTIME INIZIATIVE LEGALI

Come legali del Coordinamento Regionale dei Comitati No Muos, in collaborazione con i legali delle Associazioni Ambientaliste (Legambiente e WWF) abbiamo predisposto il testo di una memoria, presentata in questi giorni, nell’ambito del ricorso in appello delle Procure di Caltagirone e Catania rispetto all’Ordinanza del Tribunale del Riesame di Catania dello scorso 5 agosto 2016.

Con la memoria abbiamo inteso chiarire alcuni aspetti critici della decisione del Tribunale del Riesame.

In particolare sulla natura giuridica dell’Istallazione che il Tribunale definisce “Opera per la Difesa” ma che richiede una riflessione più profonda rispetto alla qualificazione ed alle conseguenze giuridiche della qualificazione stessa; altra conseguente riflessione è quella sulla proprietà del MUOS il cui dissequestro è stato chiesto dal Ministero della Difesa che non ne è proprietario; poi sulla sovrapponibilità delle questioni esaminate dal Giudice Amministrativo con quelle oggetto del procedimento penale e conseguenti limiti all’utilizzabilità in sede penale delle decisioni del Consiglio di Giustizia Amministrativa. Infine abbiamo voluto sottoporre anche una riflessione sulla presunta “questione di costituzionalità” affrontata dal CGA e richiamata dalla decisione del Tribunale del Riesame.

Per chiarezza, di seguito si espongono alcune delle questioni giuridiche affrontate dalla memoria.

Per avere un quadro più completo di ciò che si sta muovendo a livello giudiziario segnaliamo che nei giorni scorsi abbiamo proposto ricorso per revocazione della Sentenza definitiva del CGA. Si tratta di un rimedio straordinario col quale avevamo già impugnato la sentenza non definitiva del 03 settembre 2015 la cui decisione spetta allo stesso CGA.  Analogo ricorso per revocazione è stato proposto dal Comune di Niscemi che ha impugnato la sentenza del CGA anche davanti alla Corte di Cassazione per motivi attinenti la giurisdizione. In questo ultimo procedimento, nel quale siamo parte provvederemo a costituirci.

  1. NATURA GIURIDICA.

La Base di Niscemi è regolata dal l’Accordo sottoscritto il 6 aprile 2006 ( Technical Arrangement between the Ministry of Defence of the Italian Republic and the Department of Defense of the United States of America regarding the installations/infracstruture in use by the U.S forces in Sigonella, Italy).

Tale accordo è composto da una scrittura negoziale avente carattere prevalentemente tecnico, nel proprio allegato numero 1 specifica che il sito di Niscemi è fra quelli US Funded – US exclusive use (finanziato ed utilizzato esclusivamente dalle forze armate Statunitensi).

Lo stesso accordo prevede che tutte le spese sia di costruzione che di esercizio e manutenzione spettano alle forze armate USA le quali restano proprietarie sia degli impianti che di tutti i materiali, approvvigionamenti e ricambi necessari per il loro esercizio.

Per comprendere cosa esattamente sia una base di “Uso Esclusivo”, va richiamato quanto disciplinato dall’annesso “A” al Memorandum di intesa tra il Ministero della Difesa della Repubblica Italiana ed il Dipartimento della Difesa degli Stati Uniti D’America relativo alle installazioni/infrastrutture concesse in uso alle Forze Statunitensi in Italia del 2 febbraio 1995.

Detto allegato, alla pagina A-4- disciplina l’USO ESCLUSIVO specifica: “Con il termine “uso esclusivo” si intende l’utilizzazione da parte di una forza appartenente ad una singola Nazione di installazioni e/o infrastrutture, definite e comprese nel perimetro dell’installazione, per lo svolgimento di attività correlate alla missione e/o dei compiti assegnati a detta forza dal Governo dello Stato di origine. L’attribuzione di “uso esclusivo” ad installazioni e/o infrastrutture utilizzate dalle forze USA non limita in alcun modo l’esercizio della sovranità dello Stato Italiano, secondo quanto stabilito dall’art. VII del NATO/SOFA”.

E’ da notare che l’art. VII del NATO/SOFA richiamato disciplina esclusivamente l’attività d’ordine pubblico interna alla base e la giurisdizione sul personale e non l’uso della base.

Il Capitolo IX del memorandum del 1995 che disciplina le Infrastrutture prevede la seguente classificazione:

  • Infrastrutture a finanziamento congiunto;
  • Infrastrutture a finanziamento NATO;
  • Infrastrutture a finanziamento USA;
  • Infrastrutture a finanziamento Italiano.

I fabbricati e le infrastrutture sono classificate in:

  • NATO o Nazionale, di uso congiunto;
  • NATO di uso esclusivo, Italiano o USA;
  • Nazionali di uso esclusivo Italiano o USA;

Seguendo questa classificazione, in base all’allegato 1 dell’Accordo sottoscritto il 6 aprile 2006 ( Technical Arrangement between the Ministry of Defence of the Italian Republic and the Department of Defense of the United States of America regarding the installations/infracstuture in use by the U.S forces in Sigonella, Italy),  il sito di Niscemi è fra quelli classificati a Finanziamento USA e di uso esclusivo USA.

Non si tratta, quindi di istallazione NATO, cosa peraltro resa evidente dalla collocazione di una delle stazioni ricetrasmittenti in territorio australiano che è paese non aderente alla NATO. In particolare, si tratta di un sistema di comunicazione globale in grado di garantire il trasferimento di comunicazioni files ed informazioni belliche da e in qualunque parte del mondo sul quale, malgrado la presenza sul territorio Italiano, il nostro stato non ha alcun potere di controllo né di veto all’esercizio in caso di utilizzazione per conflitti ai quali l’Italia è estranea.

  1. Disciplina giuridica di riferimento.

Già alla data di emissione delle autorizzazioni (giugno 2011) le opere militari erano disciplinate dal D.lgs. 15 marzo 2010 n. 66 – “Codice dell’ordinamento militare”

In particolare, l’art. 232 prevede che  “Ai   fini   urbanistici,   edilizi,   ambientali   e   al   fine dell’affidamento ed  esecuzione  di  contratti  pubblici  relativi  a lavori,  servizi  e  forniture,  sono  opere  destinate  alla  difesa nazionale le infrastrutture rientranti nelle seguenti categorie: ……….

t) attivita’ finanziate con fondi  comuni  della  NATO  e  da  utenti alleati sul territorio nazionale. “

Al riguardo non può non evidenziarsi che per essere equiparate ai fini urbanistici alle opere per la difesa nazionale la norma prevede che sia presente il duplice requisito del finanziamento con fondi comuni della NATO e da utenti alleati sul territorio nazionale. L’equiparazione, quindi, non opera allorché come ampiamente sopra ricostruito l’opera sia realizzata esclusivamente con fondi del governo USA. Nel caso di specie, sono agli atti del procedimento penale i contratti d’appalto dai quali si evince che stazione appaltante sono le forze armate USA le quali pagavano esclusivamente con fondi propri, come peraltro previsto dall’accordo del 2006 sopra richiamato.

Peraltro, per potersi realizzare delle istallazioni fisse ai fini del Trattato NATO, occorrerebbe applicare la disciplina dell’Accordo Applicativo, NATO SOFA, approvato dal Parlamento Italiano con legge 30 novembre 1955 n. 1335, che all’Art. VII. Comma 11 prevede che per permettere e garantire la sicurezza di istallazioni, archivi etc.. di atri stati membri, gli stati ospitanti sottoporranno i progetti ai relativi poteri legislativi. Cosa mai avvenuta nel caso in esame.

Tutto quanto sopra dimostra come nel caso del MUOS non sia applicabile la disciplina degli artt. 232 e segg. del Codice delle Forze Armate non rientrando nella categoria individuata dalla lettera T dello stesso art. 232 e non essendo stata seguita la procedura parlamentare di cui all’art. VII, comma 11 del NATO SOFA.

In ogni caso, va ricordato che l’Art. 356 del Codice dell’Ordinamento Militare assoggetta le opere (ovviamente purché rientranti nella disciplina dell’art. 232) da realizzarsi in area sottoposta a vincolo ambientale o paesaggistico alle norme in materia di ambiente (pur  nei limiti dalla compatibilità con gli speciali compiti e attività da esse svolti, tenuto conto delle insopprimibili esigenze connesse all’utilizzo dello strumento militare sono valutate dai competenti organismi militari, sanitari e tecnici.)

  1. Proprietà dell’istallazione

Altro aspetto che sicuramente influisce sulla possibilità del Ministero della Difesa, di chiedere il dissequestro dell’impianto è quello della proprietà dell’istallazione che è chiarita da alcune regole pattizie.

In particolare, l’Accordo sottoscritto il 6 aprile 2006 ( Technical Arrangement between the Ministry of Defence of the Italian Republic and the Department of Defense of the United States of America regarding the installations/infracstuture in use by the U.S forces in Sigonella, Italy), riguardante anche la stazione di  Niscemi, il quale all’articolo XVIII prevede che “Il  Governo degli Stati Uniti manterrà la proprietà di tutte le proprietà rimovibili costruite da/per il Governo degli Stati Uniti a sue sole spese e di tutti gli equipaggiamenti, materiali e rifornimenti importati o acquistati in Italia da/per il Governo degli Stati Uniti per la costruzione, lo sviluppo l’utilizzo e la manutenzione delle installazioni….”

Ad ulteriore supporto di quanto sopra esposto, vi è un documento del Ministero della Difesa, datato 31 ottobre 2006, nel quale, facendo riferimento al progetto del MUOS a Niscemi,  si dice espressamente che le forze armate italiane non hanno  interesse alla futura acquisizione delle opere in caso di eventuale dismissione statunitense.

Il Ministero della Difesa, quindi, è proprietario dell’area di sedime ma non dell’istallazione militare che rimane di piena proprietà ed in uso esclusivo al Governo degli Stati UNITI d’America.

  1. Sovrapponibilità fra la decisione presa dalla Consiglio di Giustizia Amministrativa ed oggetto del giudizio penale.

La stessa Sentenza non definitiva emessa dal CGA, n. 581/2015, esplicita come quello innanzi alla Giusitiza Amministrativa è un giudizio ad impulso di parte, sicché il Giudice nel decidere è vincolato alle domande proposte dalla parti. Nella specie, il Giudice Amministrativo, una volta annullate le revoche regionali del marzo 2013,  si è limitato a valutare esclusivamente tre punti di diritto (oltre alla disamina giuridicamente impossibile di una pretesa questione di illegittimità costituzionale mai proposta nelle forme indagate dal CGA come si chiarirà in seguito): la validità della revoca del proprio parere positivo da parte del Comune di Niscemi, la validità esclusivamente ratione temporis delle autorizzazioni e la valutazione del campo elettromagnetico (riguardo l’applicazione del principio di precauzione). La sentenza definitiva, invece esamina il motivo di ricorso sollevato da Legambiente, riguardante la violazione del regolamento della RNO Sughereta di Niscemi, ma senza entrare nel merito, dichiarandola irrituale e tardivamente proposta.

Sul punto, quindi, è evidente l’erroneità della decisione presa dal Tribunale del Riesame di Catania lo scorso 5 agosto 2016 nella quale si dichiara che avendo il CGA ritenuto pienamente legittime le autorizzazioni ambientali per il MUOS di tale declaratoria debba tenere conto anche il giudice penale. E’ agevole controbattere, infatti, che il CGA ha dichiarato la resistenza delle autorizzazioni alle censure proposte dalle parti, fra le quali non è mai stata scrutinata proprio la censura riguardante la violazione dei vincoli di inedificabilità previsti dal Regolamento della Riserva Sughereta di Niscemi, in quanto ritenuti irritualmente proposti. Di conseguenza il Giudizio del Giudice Amministrativo non si sovrappone all’ambito del procedimento penale rispetto al quale non sussiste nessuna pronuncia pregiudiziale.

Né può concordarsi con il Tribunale del Riesame sul punto che, comunque, trattandosi di opere per la difesa sussiste una legislazione ampiamente derogatoria.

Al contrario abbiamo sopra ricordato che l’Art. 356 del Codice dell’Ordinamento Militare assoggetta le opere (ovviamente purché rientranti nella disciplina dell’art. 232) da realizzarsi in area sottoposta a vincolo ambientale o paesaggistico alle norme in materia di ambiente (pur  nei limiti dalla compatibilità con gli speciali compiti e attività da esse svolti, tenuto conto delle insopprimibili esigenze connesse all’utilizzo dello strumento militare sono valutate dai competenti organismi militari, sanitari e tecnici).

Ma ancora prima abbiamo ricordato i motivi per i quali il sillogismo declinato dalla Sentenza del Tribunale del Riesame: sono opere militari e quindi sono opere per la difesa, non è così scontato dovendo operare l’equiparazione alle opere per la difesa nazionale esclusivamente per le “attivita’ finanziate con fondi  comuni  della  NATO  e  da  utenti alleati sul territorio nazionale”  fra le quali non rientra il MUOS in quanto opera di proprietà ed a finanziamento esclusivamente del Governo USA senza alcun interessamento della NATO.

Comunque, anche nella denegata ipotesi in cui si ritenesse applicabile il regime previsto per le Opere per la Difesa Nazionale, questo consentirebbe di superare, ai sensi dell’art. 352 del Codice dell’ordinamento militare esclusivamente il vincolo della conformità urbanistica ma non le norme ambientali il cui rispetto è reso obbligatorio dal successivo art. 356. E’ di tutta evidenza che il regolamento della riserva, con i relativi divieti non è norma urbanistica ma norma ambientale che andava, quindi, rispettata, ai sensi dell’art. 352. E’ evidente, quindi, l’errore nel quale è incorso il Tribunale del Riesame di Catania, sia nel ritenere il giudicato amministrativo sovrapponibile all’ambito del processo penale, sia nel ritenere sussistente un regime derogatorio che, invece, la normativa di riferimento espressamente esclude riguardo al rispetto della normativa ambientale nella quale rientra, quindi, anche il pieno rispetto del regolamento della riserva.

  1. Altri aspetti particolari riguardanti la realizzazione del MUOS.

Un ulteriore aspetto non approfondito è quello che riguarda la carenza di autorizzazioni edilizie. In proposito, ferme restando le obiezioni sopra formulate riguardo l’applicabilità al MUOS della disciplina di cui all’art. 232 del Codice dell’Ordinamento Militare,  la norma di riferimento è (ove ritenuto applicabile) l’art. 352 che prescrive che “Per  la  localizzazione  di  tutte le opere che siano qualificate dalle norme vigenti come destinate alla difesa nazionale, o che siano comunque  destinate  alla difesa nazionale non occorre l’accertamento di  conformita’  urbanistica  di  cui al decreto del Presidente della Repubblica 18 aprile 1994, n. 383″.

La suddetta norma, tuttavia, esenta dalla “conformità urbanistica”  e non dai titoli abilitativi edilizi, cui fa riferimento il successivo art. 353 a mente del quale: “1. Fermo quanto disposto dall’art. 352 non occorre titolo abilitativo edilizio per la realizzazione di opere del Ministero della difesa ai sensi dell’art. 7, comma1, lettera b), del decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001 n. 380.

2. Si applica l’articolo 106 del decreto del Presidente della Repubblica n. 380 del 2001, per le opere che si eseguono a cura del genio militare.”

L’art. 353, quindi, limita i soggetti che possono realizzare opere in assenza di titolo  abilitativo edilizio, individuandoli esclusivamente nel Ministero della Difesa e, per particolari effetti, nel Genio Militare.

Operando, quindi, una specificazione rispetto all’art. 7 del D.P,R, 380/2001 il quale già prevede che 1- Non si applicano le disposizioni del presente titolo per: … b) opere pubbliche, da eseguirsi da amministrazioni statali o comunque insistenti su aree del demanio statale e opere pubbliche di interesse statale, da realizzarsi dagli enti istituzionalmente competenti ovvero da concessionari di servizi pubblici previo accertamento di conformità con le prescrizioni urbanistiche ed edilizie ai sensi del decreto del Presidente della Repubblica 18 aprile 1994 n. 383 e successive modifiche”.

Mentre l’art. 106 prevede che: Per le opere che si eseguono a cura del genio militare l’osservanza delle disposizioni di cui alle sezioni II e III del presente capo è assicurata dall’organo all’uopo individuato dal Ministero della Difesa.

Le norme di cui sopra, pertanto, circoscrivono gli interventi che possono essere eseguiti in assenza di autorizzazione edilizia esclusivamente alle opere pubbliche, da realizzarsi su aree del demanio statale da parte degli enti istituzionalmente competenti ovvero da concessionari di servizi pubblici e, sempre previo accertamento di conformità con le prescrizioni urbanistiche ed edilizie ai sensi del decreto del Presidente della Repubblica 18 aprile 1994 n. 383 e successive modifiche. Rispetto alla norma generica prevista dall’art. 7 del D.P.R. 380/2001, l’art. 353 del D.Lgs 66/2010 fa un’ulteriore specificazione precisando che ente competente è lo stesso Ministero, con esclusione di ogni altro soggetto.

Tuttavia, dalla documentazione riguardante i contratti d’appalto è lapalissiano che il Ministero non operi quale stazione appaltante ma che committente sono esclusivamente le Forze Armate USA le quali operano con fondi propri e per la realizzazione di un’istallazione qualificata di “Uso Esclusivo”

Ne consegue logicamente che non sia applicabile alla realizzazione del MUOS, stante la specificazione dell’art. 353 del D.lgs 66/2010 la disciplina di cui all’art. 7 del D.P.R. 380/2001 e le opere abbisognassero quindi di ordinaria concessione edilizia da parte del Comune territorialmente competente.

  1. Sulla presunta questione di legittimità costituzionale

Poiché il Tribunale del Riesame la richiama, sostenendo che si tratti di questione risolta dal CGA, vale la pena di esaminare anche la presunta questione di legittimità costituzionale.

Al riguardo va chiarito che, ovviamente, nessuna questione di legittimità costituzionale era mai stata posta, quanto piuttosto erano stati censurati degli atti amministrativi per violazione di norme costituzionali. E ciò esclusivamente per escludere la legittimazione processuale del Ministero della Difesa. In particolare si era esposto come il Trattato NATO non preveda la realizzazione di Istallazioni Militari fisse, tantomeno di uso esclusivo da parte dei stati membri sul territorio di un altro stato aderente al Patto Atlantico. Conseguentemente la fonte di tali istallazioni vada ricercata altrove e, in particolare, nessun patto riguardante tali istallazioni risulta essere stato mai approvato per legge e successivamente ratificato dal Presidente della Repubblica come previsto dagli Art. 80 ed 87 della Costituzione. Risulterebbe violato, ove applicabile anche l’art. VII, comma 11 del NATO Sofa che prevede che io potere legislativo dello stato ospitante decida sul consentire e proteggere istallazioni archivi e armamenti di altri stati membri.

Si tratta, quindi, di accordi illegittimi o, comunque, ancora non esecutivi, in quanto non approvati né ratificati.

Ovviamente, nel suo complesso, si tratterebbe di un conflitto di attribuzioni risolvibile solo dalla Corte Costituzionale su sollecitazione di uno dei due poteri in conflitto, restando preclusa la possibilità al giudice ordinario o amministrativo di rimettere la questione in via incidentale.

Sorprendentemente, tuttavia, così la intende la sentenza parziale 581/2015 del CGA che  esamina una presunta incostituzionalità dell’Accordo sottoscritto il 6 aprile 2006 (Technical Arrangement between the Ministry of Defence of the Italian Republic and the Department of Defense of the United States of America regarding the installations/infracstruture in use by the U.S forces in Sigonella, Italy). Si tratta evidentemente di un palese errore di diritto , sia perché la questione se esaminata costituzionalmente sarebbe da inquadrare come conflitto di attribuzioni, sia perché una atto amministrativo non può essere sottoposto a vaglio di costituzionalità da parte della Consulta con remissione in via incidentale, ma nei suoi confronti la violazione della norma costituzionale opera coma la violazione di qualsiasi altra norma rendendolo annullabile. Per contro, così facendo il CGA ha dichiarato la manifesta infondatezza della questione riguardante gli art.. 80 ed 87 della Costituzione da parte del richiamato accordo del 6 aprile 2006. Cosa ancora più stupefacente è che il Tribunale del Riesame di Catania, anziché stigmatizzare l’assurdità di tale pronuncia la richiama come valido precedente.

Tale spigolatura che potrebbe essere classificata come una semplice svista, tuttavia sembra denunciare una logica comune fra la sentenza del CGA e quella del Tribunale del Riesame che sembra essere quella che un’opera di difesa oggetto di un accordo internazionale va comunque portata avanti.

Si tratta, tuttavia di una logica metagiuridica che dovrebbe essere lasciata alla politica e non alle pronunce giudiziarie.

Avv. Sebastiano Papandrea

Avv. Paola Ottaviano

Avv. Nicola Giudice

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Il Coordinamento Regionale dei comitati NO MUOS è un'aggregazione di comitati NO MUOS che si sono formati in Sicilia negli ultimi anni. Esso nasce dall'esigenza di dar vita ad una serie di iniziative comuni e diffuse riguardanti l'informazione sul MUOS e l'opposizione all'istallazione di questo impianto in modo da estendere quanto più possibile la mobilitazione sviluppata in ogni paese.

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