Solidarietà alla ricercatrice condannata in Val susa (e ai No Tav condannati)

Che il diritto allo studio e la libertà di ricerca non siano messi bene in Italia, lo sapevamo. Che la lotta No Tav, così come tante altre in Italia, venga costantemente criminalizzata anche. Ma ci sono dei momenti in cui l’assurdo supera il paradosso. Come il caso di una giovane ricercatrice condannata a due mesi di reclusione, giorno 15 giugno, per aver partecipato di persona a delle manifestazioni studentesche in Val Susa durante il campeggio organizzato dagli studenti No Tav, nell’estate del 2013. Durante un’azione di volantinaggio i presenti erano stati identificati.

Nonostante i video dimostrino la sostanziale estraneità ai fatti di “violenza”, nonostante l’imputata si trovasse lì per condurre una ricerca sul campo (ebbene sì, i movimenti sociali sono studiati in diversi ambiti accademici, quegli stessi studi che anche le nostre care intellighenzie delle Forze dell’Ordine utilizzano per studiare tecniche di repressione miglirori), la giovane è stata condannata perché, nel redigere la tesi e descrivendo la manifestazione, ha utilizzato il plurale “noi”. E questo, secondo l’accusa, dimostra che se anche l’imputata non ha preso parte ai fatti, vi ha preso parte “moralmente”.

Una sentenza pericolosissima, che va oltre qualsiasi immaginazione e rende potenzialmente ammissibili di reato anche tutti coloro che condividano questo comunicato. Facciamoci sentire.

Esprimiamo la nostra solidarietà alla ricercatrice e a tutti i No Tav condannati.

 

COMITATO NO MUOS NISCEMI

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